Restauro a Castelvecchio Calvisio
di Giovanni Tamburro con Paola Sannicandro | Progetto di tesi | 2013/2014
Il progetto di tesi si colloca a Castelvecchio Calvisio, il cui nucleo originario è costituito da un borgo fortificato caratterizzato da un impianto regolare fusiforme, strutturato attorno ad un asse centrale cui si connettono strade ortogonali, e che presenta caratteristiche figurative, tipologiche e costruttive omogenee. I percorsi scandiscono l’edificato denso e modulare, composto di cellule di dimensioni 6×6 metri circa, disposte in filari singoli o doppi. Il borgo presenta numerosi casi che ben si presterebbero ad uno studio approfondito in vista di un intervento di restauro. La scelta dell’isolato preso in esame deriva dal riconoscimento di tutti quei caratteri tipici del borgo e di fattori di unicità che lo rendono un nodo significativo della trama urbana, come la presenza di un piccolo palazzo signorile, la connessione con il sistema murario fortificato e la piazza, ricavata al suo interno da una recente demolizione impropria, la quale costituisce un vuoto anomalo in un tessuto urbano così compatto.
Pianta di Castelvecchio. In rosso: l’isolato di progetto. In basso: i prospetti dell’isolato
La lettura critica dell’isolato si è resa possibile solo previa acquisizione di tutti i dati necessari alla conoscenza. L’analisi degli apparecchi murari e delle connessioni, coadiuvata dall’osservazione delle malte al microscopio, ha condotto all’individuazione dei sistemi costruttivi ricorrenti, e dei presidi realizzati nel tempo per contrastare meccanismi di collasso, dei tipi murari più antichi e degli interventi, moderni e storicizzati, tesi alla ridefinizione delle cellule abitative.
Analisi delle murature
Le analisi materiche, insieme ai dati storici e archivistici raccolti, sono confluiti nello studio delle tipologie edilizie ricorrenti. Grazie anche alle ricerche di Caniggia sull’edilizia di base, è stato individuato lo schema distributivo degli accessi per la cellula abitativa tipo, e la sua trasformazione nel tempo. La prima tipologia autonoma individuata, la pseudoschiera a due livelli, nomenclatura mutuata dagli studi di Strappa è facilmente rintracciabile nel lotto studiato, e in tutto il borgo, e risale alla sua fondazione, avvenuta presumibilmente nel XII secolo per la volontà di un abate locale di potenziare il controllo del territorio circostante e sfruttare i terreni per attività agricola. Una crescita demografica costante nei secoli successivi ha determinato una sopraelevazione, di iniziativa privata, della quasi totalità delle abitazioni. La prosperità economica, portata dal dominio dei Piccolomini nel corso del XVI secolo, ha consentito numerosi interventi di “arricchimento” e decorazione delle facciate più importanti, e un’ulteriore espansione edilizia con la realizzazione delle caratteristiche “ case ponte”, ambienti realizzati in quota tra due fronti. In questo periodo si assiste anche al fenomeno della “refusione” di più cellule in un’unica proprietà; nell’isolato studiato essa assume le caratteristiche di un palazzetto signorile. Il forte terremoto del 1703 sancisce l’inizio di una lenta ma inesorabile decadenza, fino all’abbandono di gran parte degli edifici a causa della migrazione dei suoi abitanti, nella seconda metà del XX secolo. Risale infine al 1982 la demolizione, da parte del Genio Civile, di tre cellule abitative all’interno del lotto di studio, in luogo delle quali successivamente è stata realizzata una piazza.
Analisi tipologica
Il Masterplan proposto per il borgo prevede di armonizzare la funzione residenziale storica, con le molteplici funzioni di un centro “Slow Food” come ricettività e ristorazione diffuse, punti di produzione e vendita di prodotti locali DOP, spazi di aggregazione, per la didattica, e per l’accoglienza (parcheggi e punti informazioni). Le analisi a scala urbana e architettonica e la definizione di linee guida per la rifunzionalizzazione del borgo hanno rappresentato la materia prima su cui ha lavorato il progetto di restauro dell’isolato urbano selezionato, incentrato sulla conservazione e sulla riattivazione delle parti esistenti, minacciate da gravi dissesti strutturali, e sulla contemporanea rielaborazione dell’impianto delle cellule mancanti, attraverso la costruzione di un nuovo edificio. La preesistenza e la nuova costruzione, lungi dall’essere due entità distinte, sono collegate da un sistema di percorsi che sfruttano la “rua” come spazio connettivo e sono funzionalmente organizzate come un unico organismo.
Il restauro dell’esistente è teso a valorizzare le caratteristiche tipologiche delle cellule edilizie, privilegiando le fasi storiche più significative. Al fine di far rileggere la refusione in palazzo signorile di diverse cellule dell’isolato e di ripristinare il suo originario sistema di distribuzione, il progetto prevede la riapertura dei passaggi originari, in alcuni casi tamponati. A piano terra, l’atrio voltato a crociera dà accesso al bar (nella vecchia cantina) e alla scala modanata che porta ai piani superiori; al primo e al secondo livello si recupera il sistema dell’ “infilade” di porte che connettono stanze adiacenti, ed in particolare all’ultimo livello consente il collegamento del palazzo con la torre passando per l’edificio ponte. In luogo dei solai crollati nella cellula principale del palazzo, sono state introdotte passerelle che ricalcano i percorsi della vita quotidiana degli antichi abitanti, conservando in parte la tripla altezza che si è generata a seguito dei crolli per consentire la vista senza interruzioni di una delle pareti, che porta i segni della vita domestica dell’edificio. Le passerelle, che si modellano sul perimetro della stanza, denunciano la loro estraneità alla fabbrica originaria grazie ad un piccolo distacco dalle pareti e all’utilizzo di una struttura mista in ferro e legno. La refusione in palazzo signorile è sottolineata anche dalla scelta di destinare tutti gli spazi della stecca ad un’unica funzione, quella ristorativa. La collocazione degli spazi di servizio del ristorante (cucina, dispensa, sguatteria, spogliatoi) ha tenuto conto delle prescrizioni in merito alle dimensioni minime, alle norme igienico sanitarie e alle necessità impiantistiche; le superfici intonacate sono state protette da contropareti in cartongesso su montanti. Si è scelto di integrare gli impianti nei nuovi elementi costruttivi (solai, passerelle, contropareti) in modo da non compromettere l’integrità della preesistenza.
Pianta di progetto. Livello 2
Sezione longitudinale ante operam e post operam
La fabbrica presenta rilevanti problemi di dissesto strutturale come lesioni passanti, crolli e cinematismi, causati dai terremoti che hanno danneggiato una struttura già indebolita dall’azione antropica attraverso le interruzioni della continuità muraria. Il progetto di restauro, pertanto, prevede l’inserimento di catene per il richiamo delle pareti tendenti allo spanciamento o al ribaltamento, un cordolo in acciaio che crei un effetto cerchiante, e il consolidamento delle ammorsature e delle volte con fibre di basalto che assicurino una maggiore resistenza delle strutture e una ripartizione più uniforme delle sollecitazioni. Per far fronte ai principali problemi di degrado delle superfici come l’erosione dei giunti di malta e dell’intonaco, la patina biologica e le incrostazioni, il progetto prevede interventi volti alla eliminazione del materiale organico e inorganico depositato, nel rispetto della patina del tempo, al consolidamento dei paramenti murari attraverso integrazioni di malta di calce e pietra locale, alla protezione delle superfici attraverso la riattivazione dei sistemi di smaltimento delle acque meteoriche.
Analisi della principale situazione di dissesto strutturale
Analisi del degrado e interventi sulle superfici
Come precedentemente anticipato l’intervento proposto per l’area della lacuna edilizia risponde alla necessità di una reintegrazione a scala urbana, prevedendo l’innesto di un nuovo elemento. La scelta dei ritmi, dei materiali, degli spazi ricostruiti è strettamente legata alla comprensione della logica dell’esistente, che viene assecondata per consentire la massima conservazione delle strutture residue. La ricerca linguistica operata sui nuovi inserimenti, pur totalmente rivolta alla contemporaneità, reinterpreta con consapevolezza i temi della successione seriale di cellule e della piazza attraverso un edificio che si considera indispensabile per ricucire un tessuto edilizio così denso e compatto e che a livello funzionale risponde alla necessità per il paese di un polo culturale e aggregativo. L’oggetto architettonico si configura esteticamente in accordo con il contesto, grazie all’uso di pietra grigia per la realizzazione della cortina esterna. Al tempo stesso, la denuncia del “nuovo” è assicurata dal trattamento del materiale, tagliato in listelli, e dalla loro disposizione, secondo la soluzione dalle “cortina permeabile” costituita da pieni che si alternano a vuoti, distaccata dal vero paramento murario. La leggerezza formale della cortina denuncia la novità rispetto alla preesistenza su cui si attesta, caratterizzata dalla massività e ruvidità delle murature.
Dettaglio tecnologico e vista esterna dell’area della lacuna
Lo spazio interno, diversamente dalla soluzione di facciata, non segue la distribuzione originaria degli ambienti, e si configura come uno spazio unico e continuo: ciò perché, nonostante le demolizioni abbiano costituito un intervento improprio, non si può ignorare il processo di mutazione che il luogo ha subito negli ultimi venti anni e che ha portato alla percezione di uno spazio aperto e pubblico. L’ambiente interno rispetta tale processo e denuncia la propria novità, ma permette al tempo stesso all’osservatore di comprendere la trasformazione: infatti, mentre il piano terra si presenta come uno spazio libero destinato a funzioni aggregative (conferenze, laboratori, eventi culturali), l’ultimo piano è occupato da volumi “sospesi”, adibiti a funzione espositiva, che rievocano in negativo gli ambienti delle antiche unità abitative, la cui memoria è affidata agli intonaci originari ancora presenti su alcune pareti. La struttura portante in acciaio è totalmente svincolata e distaccata dalle preesistenze, per garantire comportamenti autonomi in caso di sisma. Il nuovo organismo accoglie infine tutte quelle funzioni che, per motivi di rispetto delle normative vigenti, devono essere presenti in un edificio pubblico, e che non è possibile collocare nella parte preesistente: un ascensore, i bagni, e un’unità di trattamento aria.