ARCADIA
di Giovanni Tamburro con Ganesh Poggi Madarena e Emiliano Quaresima | Roccamandolfi | 2017
Il concorso YAC, per il quale è stata realizzata la proposta progettuale, prevedeva l’ideazione di una struttura ricettiva che si inserisse all’interno di un paesaggio naturalistico pressoché incontaminato, dominato dalla presenza del castello di Roccamandolfi, piccolo comune montano in provincia di Isernia. Il progetto è contraddistinto in pianta da una struttura ramificata sparsa, grazie alla quale si è ottenuta una migliore disposizione delle unità modulari lungo le curve di livello che delineano il profilo della montagna.
Vista delle cellule abitative poste sul fianco scosceso della montagna
In generale il nuovo intervento si caratterizza come inserimento “mimetico”; lavorando in un contesto cosi suggestivo e caratterizzante, ci si è posti il tema del confronto tra il paesaggio esistente e l’architettura contemporanea. La linea estetico-formale ricercata si è quindi spinta verso la direzione della perfetta integrazione. Integrazione già di per se assicurata dall’inserimento dei moduli tra le fronde degli alberi, ma accentuata dall’utilizzo di materiali come il legno, la pietra locale, il vetro riflettente, il ferro sotto forma di griglia. Il legno è utilizzato non solo come materiale strutturale dell’edificato ma anche come pelle mimetica dei moduli ricettivi; numerosi tasselli di forma e gradazione di colore differente vengono posti a formare un mosaico capace di integrare perfettamente le forme squadrate dei volumi nel contesto. Il vetro riflettente viene introdotto come superficie privilegiata per permettere l’osservazione del contesto generando all’esterno giochi di riflessione, che anche in questo caso, aiutano a smaterializzare l’architettura. Il ferro è invece utilizzato per i nuovi percorsi, costituiti da un grigliato che si sagoma lungo le superfici irte del terreno, creando scale e piani che tuttavia rendono visibile il terreno sottostante.
Planimetria generale e sezione longitudinale
Se negli alzati l’intervento si configura come un evidente tentativo di mimesi, nella pianta la situazione si inverte; alle forme caotiche della natura si contrappongono un insieme di elementi geometrici ben distinguibili. Alla diversa geometria delle parti corrisponde una diversa funzione. Le unità recettive si caratterizzano come un elemento a grappolo costituito da un numero variabile di moduli squadrati, mentre le funzioni pubbliche sono connotate da blocchi compatti di dimensione maggiore. Infine gli elementi a pianta triangolare costituiscono una serie di rifugi panoramici disseminati nell’area. Ognuno di questi elementi è raccordato da percorsi: Il percorso principale ricalca grossomodo quello esistente, ma viene qui regolarizzato e potenziato grazie all’utilizzo di muretti a secco che impediscono gli smottamenti del terreno. Alla sinuosità del sentiero centrale si associa la forma spigolosa dei nuovi percorsi, disegnati sulla base di due direttrici differenti, che permettono l’attestamento degli stessi lungo i profili scoscesi della montagna.
Vista esterna del volume ristorante
L’aggregato è concepito come raggruppamento di tre moduli base (camera da letto, bagno e sauna con terrazza e jacuzzi), liberamente disposti intorno ad uno spazio distributivo vetrato, che varia per forma e dimensioni. La libertà di articolazione dei vani consente di assecondare l’andamento del terreno, integrarsi con gli alberi, catturare i panorami più suggestivi e di dar vita a aggregati di dimensioni diverse. La versatilità della soluzione proposta e la sua riproducibilità a seconda delle esigenze di espansione del resort è l’unica strada percorribile in un contesto naturalistico così fortemente connotato.
Vista all’interno del bosco delle cellule abitative
Sezione longitudinale di una cellula abitativa
Presidiare il territorio significava prima di tutto avere un controllo visivo su di esso. Da questo presupposto nascono la serie di rifugi “oculus”, moderne torri d’avvistamento inserite nei luoghi maggiormente panoramici. Oculus, la cui pianta ricorda l’iride di un occhio, è un’architettura parassita totalmente estranea all’ambiente in cui si inserisce, pensato come spazio riflessivo e contemplativo; la sua forma a pianta triangolare lo distingue nettamente dall’esistente, ma la mimesi con il contesto è comunque assicurata dalla sua pelle totalmente specchiante, che lo rende invisibile nelle lunghe distanze. La struttura leggera in legno lo rende facilmente adattabile ai vari siti in cui si colloca, sia che si tratti di torri del castello che di pendi scoscesi.